Mio carissimo
Mario
25 Xbre 771.
Son dei giorni diversi
che
ho qui per te un esemplare delle Lette-
re d'una gentildonna pubblicate dal
Guasti, di cui
parlammo a lungo, una
sera, quando eri qua. Io n'ho due
copie, e una non saprei a chi me-
glio darla che a te. Ma io non mi
sono saputo, nè ancora mi so, decide-
re a mandartele, perchè ho fatto e
fo a dire: se ha ripreso quel suo
Racconto2, questo
libro ora non può
fare a meno di distrarlo, e io vorrei
prima che tu finissi quello e poi
attendessi a leggere e a scrivere ogni
altra cosa. Di certo in queste vacanze
avrai ripreso il tuo lavoro, e non
vorrei che questo mio regaluccio gli
avesse a nuocere, o almeno almeno
che capitasse in mal punto. Insom-
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ma, te l'ho detto, io non so decider-
mi. Scrivimi in una cartolina: – L'aspet-
to – oppure – mandamelo più qua; e sarai
servito.
A questi giorni ho riveduto
Dante,
da cui ho saputo che la reggenza di
Preside t'è finita, e che a rimpiazzare
il vecchio è venuto costà il preside
di Viterbo, amico tuo o persona al-
meno con la quale non avrai a tro-
varti male. – Ora a gennaio voialtri
insegnanti d'istituti tecnici avrete
un piccolo aumento di salario, poca
cosa in verità, ma – ogni prun fa sa-
pie [sic] – e – meglio qualcosa che nulla - di-
ce il proverbio – Mi disse Dante d'a-
verti invitato a venir qua per queste
vacanze, e figurati se avesti fatto
piacere a tutti: ma io ti compati-
sco se non hai accettato: venir via
di costà per averci a ritornare dopo
cinque o sei giorni, no no: io avrei
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fatto come te: quando l'hai a tracan-
nare, meglio in un fiato che a sorsi.
Dopo Dante ho visto in
questi
giorni anche Barzellotti: fui a trovar-
lo a casa, e mi lesse qualche brano
d'un suo nuovo lavoro per il Gior-
nale dell'Hillebrand3, uno sguardo alla
filosofia contemporanea, che non ver-
rà di certo inferiore, forse superiore
all'altro sguardo alla letteratura, che
stampò or non è molto e che tu
conosci – Povero Barzellotti, tanto bono [sic]
e affettuoso anche lui, e tanto bravo
e modesto! Non puoi credere
quanto piacere provasse a vedere che
il suo lavoro mi era piaciuto, e
con quanta insistenza mi domandasse
che io gliene accennassi i difetti se ce
ne trovavo. Eppure anche lui, con
quel che fa, è uno dei tenuti addie-
tro. Che vuol dire? Eh si capisce!
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Perché non sa porgersi, perchè non sa venire
a patti coi suoi principii e con la sua
coscienza. Tante volte, caro amico mio,
ti ricordammo nella nostra conversazione;
che cominciata in casa andò a finire
nel vecchio, oramai vecchio sì, ma sempre
simpatico lungarno! Egli mi disse che t'
aveva scritto di corto una lunga lettera,
e c'ebbi piacere perchè quando scrivesti
a me ultimamente, mi accennavi di desi-
derarla.
Sono in fondo del foglio e non
t'ho
ancora detto nulla di me. E che dirti,
caro mio, se non ricantare le stesse storie?
Lavorare moltissimo, tanto da risentirsene la
salute (com'è accaduto nei giorni addietro
che tra lo stomaco e il corpo m'hanno dato
da fare alquanto; ora son guarito), lavora-
re, dico moltissimo e con pochissima sodi-
sfazione materiale e morale, e sempre così
presta è e sarà la mia vita ancora per de-
gli anni, se le forze reggono. Ma reggono,
reggono; spesso son lì lì per cadere e non
cado mai: ripenso all'erte faticose che
[in margine, senso verticale]
ho guadagnate, ai precipizi che ho cansati, e questo pensiero mi
dà coraggio ad
affrontare altre erte, e di trovarmi ai piedi altri precipizi. – In
casa tutti
di salute, per grazia di Dio. Tanti cordiali saluti dall'Antonietta
e baci dalle
bambine, e tante strette di mano dall'amico tuo S. – Aspetto un
avviso tuo re-
[in margine, in alto]
lativamente al libro del Guasti. – Tante affettuose
cose dal Del Lungo, che è stato malato ma è
guarito.
Ero da lui stamani e mi ha mostrato una tua lettera
ricevuta allora allora.
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1. Vedi la lettera di Gherardi a
Mario Pratesi del 2 gennaio, 1878.
2. Forse, "Un
vagabondo" (Nuova
Antologia, nov. e dic. 1878).
3.
Probabilmente, "Il pessimismo dello
Schopenhaur" (Firenze: Barbera, 1878; estratto dalla Rassegna
settimanale 1, No 7, 1878).