Mario Pratesi a Cesare Abba

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           Firenze 26 Ottobre 72

Caro Cesare,

    Non posso più stare senza ri-
cevere le tue nuove. Sono quattro mesi che
non le ho. Io sono stato a Siena due mesi;
poi son ritornato a Firenze. Venti giorni
fa m'accadde un'altra disgrazia. Per una
maledetta combinazione, camminando di notte
assorto nei miei pensieri, caddi da
un marciapiede, alto più di tre braccia
sopra le lastre della via offendendomi il fianco
la spalla destra, le dita della mano destra,
le gambe e facendomi un marchio alla
fronte presso la tempia destra. Delle altre
lesioni sono guarite mercé dell'acqua fresca[?]
e dell'arnica, ma la mia povera testa
si trova da quel giorno in una specie di
visibilio[?] penoso che le impedisce ogni ap-
plicazione. E ciò m'accade quando sono
sul punto d'andar a Como dove avrei avuto
un impieguccio nell'Istituto tecnico; impie-
guccio che io ho dovuto accettare per dispera-
zione di non poter trovare un pane[?] più libero
ma se io non miglioro dovrò rinunziare


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anche a questo e non so cosa potrà avvenire
di me. Il mio romanzuccio, o per meglio
dire il mio aborto, è stampato fino dal
Luglio, ma non pubblicato; si pubbliche-
rà nel Novembre: appena ne avrò
qualche copia te lo manderò1. E il
tuo2? Scrivimi a posta corrente: parla-
mi delle tue cose di tua moglie3, della
tua bambina, del padre tuo. Vogli
bene.
                       al tuo Mario



1. Jacopo e Marianna (Roma: Civelli, 1872).
2. Sulle rive della Bormida nel 1794 (Milano: Civelli, 1875).
3. La prima moglie, Rosa Perla. La bambina sarà Giulia, primogenita dei 4 figli del primo matrimonio.

 
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