Luisa Anzoletti a Mario Pratesi

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               Milano, 23 giugno 1890

Egregio Sig. Professore,

    Avevo pregato la Sig.ra Guaita di
dirle che, dovendo io lasciare Milano per
qualche giorno, mi riservavo di scriverle
dopo tornata i miei ringraziamenti pel
dono prezioso delle due pubblicazioni.
Ora, mentre glieli porgo vivissimi, con
molte scuse per la tardanza, mi permetterò
anche esprimerle alla meglio le impress-
sioni che ebbi nella lettura dei Suoi pregevolis-
simi scritti. Impressioni, meglio determi-
nate, delle parole di un continuo assenso
del pensiero, del giudizio e del gusto –
ch'Ella colla sua critica fa essere gusto
ottimo; e le quali valgono,
press'a poco, quanto una schietta


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e spontanea ammirazione da capo a fondo de' Suoi
lavori. – Io sapevo ch'Ella era egregio scrittore
di prose; ma non avevo avuto finora occasione di
leggere i Suoi versi. Le dirò semplicemente, che mi
sembrano di quelli, oggigiorno sempre più rari, can-
tati, come dice il Gozzi, "quando il cor si desta". Sicché
n'escono come ispirazione del sentimento, trovando da
sé il linguaggio musicale; ed hanno quel non so che di
vivo per forza propria, che appartiene alle opere
in sé recanti una parte dell'anima dell'autore.
Mi asterrò dal significarle com'io apprezzi gli altri
meriti, la condotta del lavoro poetico, la leggiadria
della forma ecc. giacché so che le lodi non hanno
per chi le riceve altro valore che quello ad esse dato
dall'eccellenza di chi le fa. E sarebbe proprio
ridicolo s'io perdessi di vista quello che
sono, per dire a Lei ciò ch'Ella è.
Interpreti dai brevi accenni la sincerità
della mia stima verso di Lei, mi conservi
la Sua gentile memoria; e si accerti che
godrò sempre di potermi dire con amicizia
e gratitudine.

                       La Sua devotissima
                                   Luisa Anzoletti

 
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