Giacomo Barzellotti a Mario Pratesi

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[mano ignota: 23
  ottobre 1871 o 72]

                Gloucester Terrace - 124 - Hyde Park
Caro Mario,

    Rileggo in questo momento
per la terza o quarta volta la tua lettera, che gra-
dii immensamente e che aspettavo di giorno in
giorno; e anzi jeri sera proprio nel momento
in cui mi fu pôrta da una delle signore che
stanno con me nella medesima pensione, pensavo
a te e speravo avere presto le tue nuove. Pare
però una vera fatalità che nessuna mia lettera
ti possa giungere, e che così io debba parere verso
di te incurante della nostra intima e antica ami-
cizia. Ma io son sicuro che per quanto lungo
fosse stato il mio silenzio tu non avresti mai
dubitato di me, perché ormai ci conosciamo troppo
bene e sappiamo che è impossibile che l'uno
di noi si scordi dell'altro. Io ho desiderato spesso
la tua compagnia in questo viaggio per poter parteci-
pare con te molte idee e molti sentimenti destati
in me dalla vista di tanti luoghi nuovi, e di tante
persone nuove d'ogni stampo e d'ogni costume.
    Io ti dicevo presso a poco queste cose
che ti dico ora nel principio della mia lettera
capitata in mani ribalde, e seguitavo a raccontarti
qualcosa del mio viaggio, credendo che tu fossi


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sempre a Siena. Ora le notizie principali che
ti davo le avrai avute da Mam-
o da mio padre, ed è inutile che te le
ripeta. Ti dirò soltanto che ho goduto assai
e che soprattutto sono stato benissimo di salute,
(molto meglio dell'anno passato), e mi sento
molto più forte e più in vena di lavorare
per l'anno futuro; e che nelle ore che non
ho visitati i monumenti e che non sono stato
in società, ho letto e scritto. Avevo scritto due
articoli non brevi sul mio viaggio in Svizzera,
e li avevo mandati (ed è molto tempo) alla Perseveran-
za. Ma sia che si siano perdute le lettere,
come spessissimo accade nelle poste toscane,
sia per qualche altra ragione, non ne ho saputo
più nulla, e son quasi sicuro che non sono stati
mai pubblicati. Io credo però che li abbiano
ricevuti a Milano, ma non pubblicati, perché
erano cose tutte letterarie; c'erano delle
descrizioni, e delle osservazioni sui luoghi,
e non notizie politiche. Tu però di queste
cose non parlare colla Peruzzi, perché
oramai è inutile. Ho qui tra i miei


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fogli un altro articolo sul Reno che non ho
mandato e non manderò, perché non abbia la
stessa sorte degli altri. Quando tornerò a Firenze,
se ci sarai sempre, lo leggeremo insieme;
da questi e dai frammenti che mi sono
rimasti degli altri, e da certi appunti che
ho mi dirai se si potesse cavare qualche
cosetta breve e non indegna d'essere pubblica-
ta. Se no, buon viaggio; e mi terrò l'esperien-
za acquistata intorno alla vita e agli uomini
che è in fondo qualcosa di più spendibile, e di
più positivo.
    Ho veduto molti paesi, e molte città, e
molte persone e ho parlato di molte cose, e da
questo largo spettacolo a cui ho assistito
viaggiando, ho tratto molto piacere e molto
utile. Ma tu avevi ragione a domandarmi
se mi pungeva il desiderio del bel sole
d'Italia. Caro mio, il proprio paese (te lo
dicevo anche nell'altra lettera) si comincia
ad amare e a stimare davvero quando se
ne è lontani, e poi per quanto uno conosca
la lingua del paese straniero nel quale è,


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e abbia un carattere facile a piegarsi alle usanze
nuove, alle nuove abitudini, pure è tale la diffe-
renza che si riscontra in ogni cosa tra il
luogo dove si è nati e quello dove si va la
prima volta, che questa differenza non può
non riuscire spesso molesta e antipatica. Del
tempo poi sarebbe meglio non parlarne. Da che
sono quà (e nota che venivo dall'Olanda, dal Reno
e dal Belgio dove avevo avuto quasi sempre
buon tempo) ho veduto il sole chiaro appena
quattro o cinque volte; del resto anche
nei giorni migliori sempre una nebbia, un
fumo, un'acquerugiola che ti entra da per
tutto, un vento, e un freddo da cani! Mi
sono però abituato (ci si abitua a tutto) e mi
sono quasi scordato del sole e faccio benissi-
mo tutte le cose mie come se fosse bel tempo.
    Partirò di quà il 16 o il 17, e andrò
a Parigi, dove mi tratterrò fino alla fine
del mese. Sarò a Firenze verso il 3 o il 4
di 9mbre e lì spero di vederti, ma certo di avere
il posto. Se vuoi rispondermi dirigi la lettera
a Parigi: poste restante.
    Addio; una stretta di mano del tuo amico

            Giacomo Barzellotti .


[in margine, senso verticale]

Se li rivedi, saluta i nostri conoscenti professori, e specialmente l'amico
buon Cosci

 
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