Giacomo Barzellotti a Mario Pratesi

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Caro Mario,
                          Roma, Via del Tritone 28
                                  6 Maggio '84.

     Ho ricevuto stamane la tua
lettera ch'è stata diretta a Firenze. Ti ringrazio.
Tu sei la prima persona oltre quelle della
mia famiglia, a cui io scrivo che il mio
matrimonio non si fa più. Tu non lo dire però;
si dice che è ritardato pel parto di una
sorella maggiore della mia sposa.
    Fino a jeri l'altro io facevo questa
cosa con una risolutezza e un'iniziativa
che non ho mai avuto in questi casi. Tranne
qualche piccolo malumore che accennava
nella famiglia e nella ragazza una certa
irresolutezza nel fare questa cosa, tutto
andava bene. Io ruppi ogni indugio. Il
matrimonio doveva farsi tra 10 giorni.
Ma l'altro giorno mi sono accorto che
i dubbi e le irresolutezze erano giunti
al punto, specie nella madre, e anche


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nel padre da mettermi loro stessi in
guardia dal fare questo passo. Il padre e
la madre hanno desiderato questo matri-
monio fin da principio, e senza punto
né forzare, né lusingare la figlia, forse
hanno voluto stringere l'impegno un po'
troppo presto. Tu conosci i nostri sciocchi
costumi italiani. Non si può parlare
con una ragazza per un quarto d'ora
senza dar nell'occhio. E il tempo
in cui si è fidanzati non basta a conoscer-
si. La ragazza, sincerissima, buonissima,
ma forse di non gran sentimento e
di nessuna iniziativa di volontà, facile
ai dubbi, ai pentimenti, mi ha sem-
pre, a dir vero, detto (e non s'è mai
smentita) che le ero simpatico, che


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mi voleva bene etc. in fine da principio
a raccomandarmi ai suoi che
prima di fidanzarci dessero luogo a
lei di conoscere bene le sue inclinazioni. Ella
mi diceva che sarebbe incapace di fare
una cosa tale senza affetto vero e vivo. Io la
credevo, ed ecco quello che mi ha più ingan-
nato, di una riflessività prematura che
avrebbe compensato tra noi la differenza
degli anni. Anche la madre mi ha detto che la credeva tale. Invece è un carattere senza
energia, senza volontà, fluttuante fra dubbi,
scrupoli religiosi, pentimenti. Aggiungo, ed
ecco una delle cause principali di quel
ch'è successo, che, a pena si seppe la
cosa, una folla d'amiche, d'amici, di
parenti, malcontenti e invidiosi i più, co-
minciarono a criticarla, a parlarne anche
alla ragazza. I parenti della madre, roma-
ni, pettegoli, maligni, cominciarono a


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criticarle d'aver voluto dar via subito
la figlia così a uno di più età di lei,
a uno studioso, ecc. Uno dei motivi principali
dell'aversione dell'elemento romano (e dei dubbi successivi della
madre, che però mi ha voluto sempre molto
bene) è stata la questione religiosa. Mi
temevano irreligioso, mentre io dissi già da
principio al padre (spregiudicatissimo) e
sia alla madre e alla ragazza che
io rispettavo, comprendevo l'alto senso
delle verità religiose etc etc. La
ragazza che altre volte, ti dicevo, aveva
avuto scrupoli religiosi e che crede
poco anche lei, cominciò a farsi,
dice lei, una preoccupazione di
questa cosa. A ciò attribuisce lei
i dubbi, le incertezze, i malumori


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da cui era presa, quel volere sempre
differire il matrimonio: cose tutte che
mi avevano più volte messo in pensieri. Ma
io, senz'avere per lei una passione avevo
posto in lei la speranza della vita composta,
serena di famiglia, che penosamente sentivo
mancarmi, che là nella solitudine pavese
avevo tante volte desiderata. Non volevo che
da me venisse impedimento di sorta, e
vedendola buona, leale, per lo più affettuosa,
mi affidavo tutto all'avvenire. Ma in
tutte queste ultime scosse che mi
hanno deciso (anche dopo consiglio del
Mantellini) a rompere io stesso questa
cosa, la ragazza non ha mostrato nessuno
slancio, nessuna reazione di pentimento. Si
lasciava condurre, ma faceva vedere che
si sarebbe facilmente pentita. Ora sarebbe
                lei che vorrebbe fare la cosa;


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ma io non posso più farla. Il senno me lo
vieta. I genitori stessi che l'hanno tanto
desiderato, dicono, capiscono che nel caso
mio farebbero lo stesso. Siamo, dunque,
tutti rimasti io, la ragazza, i parenti nelle
migliori relazioni, ma colla persuasione (io
più in specie e la madre) che il matrimonio
non si debba fare. Non avrei mai immaginato
che una cosa cominciata e andata avanti
tanto tempo così bene, finirebbe così
penosamente e dopo fatte le pubblicazioni
etc. Su me verranno le malignità dell'ele-
mento romano che non mi gradiva e che
diceva che la ragazza era sacrificata
etc. Non puoi credere il male che ha
fatto in questa cosa il mondo. - Io sto,
del resto, bene, e ho lavorato sempre. Il Lazza-
retti
1 è quasi finito di stampare. Presto
verrò in su verso l'alta Italia. Tra due
o tre giorni vo a Firenze. Pensa a me, caro
    Mario e stai tranquillo. L'amicizia


[in margine, senso verticale]

è l'unico sentimento che non inganna. Tuo aff. Giacomo.



1. Aveva pubblicato l'articolo "I vecchi e i nuovi studi latini in Italia" Fanfulla della domenica (3 febbraio 1884) e preparava l'articolo intitolato "Una visita alla Torre di Davidi Lazzaretti" anch'esso per il Fanfulla della domenica (6 luglio 1884).