Caro
Mario,
Piano,
10 Ottobre '90
Non ti spaventare del timbro
ufficiale
del foglio, e anzi questo ti dico perché non ho
risposto prima alla tua carissima lettera. È che
sono dovuto tornare a Roma per una Commis-
sione universitaria e là ho lavorato al Mi-
nistero, dove ho preso alcuni di questi fogli. A
Roma sono stato benissimo. Per me quella
città è tal cosa che il solo entrarvi e il
passarvi alcuni giorni mi solleva tutto lo
spirito e mi fa passare ore splendide e
invidiabili. Ci dev'essere una patria che
ciascuno di noi sarebbe nato per avere
e per scegliersi, e ove sente di viver
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da vero. Una tale patria è per me
Roma. Là mi son trovato in una commis-
sione ove era anche il Conti,
e, riavvicinando-
lo, ho sentito che tra tutti questi uomini
superiori d'Italia,
che ho trattati, egli è sta-
to ed è sempre quello che mi ha voluto e
mi vuole più bene, e che, tirati i conti
e fatti tutti i paragoni, è il più sincero
e il più disinteressato di tutti. Mi ha
domandato con affetto anche di te. Credi
che è buono e migliore di moltissimi,
angusti, tronfi, settarii e egoisti.
Mi dispiace che tu non sia
stato
bene nel resto delle vacanze. Forse, anzi
certo ci avrà contribuito il malessere
morale latente che ti deve aver lascia-
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to il dispiacere e la scossa della morte
dell'Homberger.
Vedrai che, la ripresa delle
lezioni e il lavoro ordinato ti farà più bene
che male. Io mi persuado ogni giorno più
che per le teste fatte, come direbbe il Vasari,
"per non alloggiare pochi pensieri", un'oc-
cupazione anche intensa e continuata e
disciplinata è condizione più di salute e di
serenità che di fatica e di malessere.
Curioso quello che mi dici di
quel
fornaio1! Forse era
meglio, come feci io, di fissare
di pagare per quel tanto che saresti rimasto.
Mi ricordo con tanto piacere del bell'Ottobre
passato insieme l'anno scorso! Fammi il piace-
re di dire a Donna Gina
quando torni
(vacci, magari, a posta) che le scrissi, che mi
dispiacque di non trovarla a Milano, e che
ricordo con gratitudine le belle ore che mi ha
fatto passare l'anno scorso. Saluta anche
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il Rovetta.
Fai questa commissione per me, per-
ché veramente ho
delle obbligazioni a Donna
Gina. Saluta anche la Contessa e il Conte
Durini, e di' loro che volevo, passando per Mi-
lano, lasciare una carta in Via Fatebene-
fratelli; ma mi trattenni appena qualche
ora. Saluta anche Don Tistone
e i Villa-
Pernice e il Cantù.
Per la Maraini
la ripresa
dell'ami-
cizia è stata completa, e ho veduto veramen-
te che ella è buonissima.
Io ora sto facendo qualcosa per
l'Antologia. Verso il 25 però tornerò
a Roma e poi a Napoli. Scrivimi presto,
parlami di te, stai sano, sereno e non
pensare a crediti
miei che io né pure
mi ricordavo più di avere. Ama il
tuo, come fratello, Giacomo
P.S. Ricevei il romanzo francese
[in margine, senso verticale]
P.S. Mi tenterebbero per le elezioni, ma io ne sono così
poco tentato! Mi parreb-
be
di entrare in un'atmosfera morale inferiore.
1.
Vedi la lettera di Mario
Pratesi a
Giacomo Barzellotti 1890-09-26.