Isidoro Del Lungo a Mario Pratesi

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Caro Sig. Pratesi,

     Ricevo e leggo i suoi versi,
e mi paion belli. Le scrivo tale
quale questa mia impressione, come
la sento nell’animo. Il canto pel
Bertossi, se ben mi ricordo, è miglio-
rato: e la parte che v’ha, più
propria di Sermone od Epistola, la
giudico felicissima. Perchè non coltiva
di proposito questo genere di poesia?
E lo spirito suo, temprato più che
altro al sorriso malinconico, potrebbe
bene rinnovare la squisita gentilezza
de’ Sermoni, non abbastanza lodati,
del Pindemonte, malinconico e sorri-
dente anch’esso. E il Pindemonte,
poeta così misurato e pensato, sarebbe
forse a Lei, almeno per un po’ di tempo,
utile modello: a Lei innamorato d’Omero,
egli il più gentil greco, se non il più po-


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tente, fra i moderni nostri che hanno
grecheggiato. Su’ poeti, p.e. del 1870
perchè non fa Ella un sermone?
Custoza e Lissa m’è piaciuto meno
nella condotta, parendomi un po’ disgre-
gato: ma di colorito si vantaggia forse
sull’altro. Certamente quelli sul tra-
monto e sulla notte1 sono versi da
rileggersi, e terrò a mente il secondo
e terzo della pagina 17.
     Prenda queste chiacchere come
segno dell’affetto che ho per Lei.
Mi ricordi a Plinio, quando gli scrive.
E m’abbia.
                    Suo aff. IDLungo

          di casa,
     Via de’ Fossi, 25, p. 2o
            5 gennaio 1870




1. Allude probabilmente alla poesia La Notte. Canto di Mario Pratesi a benefizio delle famiglie bisognose dei volontari. Siena: Mucci, 1866..

 
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