Alessandro Gherardi a Mario Pratesi

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                   Di Firenze, 28 7bre 71

       Mio caro Pratesi

    Invece del 27 è il 28 come
tu vedi, ma di buon ora veh! Il sole ha ap-
pena indorate le cime di Bellosguardo che
ho di faccia. – Ti mando (e perchè tu le ri-
ceva volentieri ti assicuro che non mi scomodano)
le ultime dieci lire che ho di debito teco; non
assicuro la lettera ne fo un vaglia, ma tu
quando mi rispondi, dimmi se l'hai ricevu-
to perchè i quattrini oggi com'oggi fanno
gola a diversi come tu sai, e molti impie-
gati della posta avrebbero un odorato da
tirarli fuori di sottoterra non che dal tenue
involucro d'una lettera.
    Saprai che in luogo di sabato
o domenica, come mi pare che tu mi dicessi;
la fine del tuo Racconto uscì lunedì, e io non
mancai di comprarne e mandarne una copia
al prof. Conti. E guarda un po' se dal lato
della curiosità io son fiorentino. Appena
ebbi in mano il giornale, sentii voglia di
leggere, ma subito mutai pensiero, e non ci
posi un occhio. Mi preme troppo oramai
di seguire passo passo lo svolgimento del


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dramma, come tu l'hai immaginato e scritto;
e però se dovrò [sic] ancora un mese o due prima
d'avere il Racconto intero, pazienza; ma
allora lo rileggerò da capo, e lo gusterò
sempre di più.
    Il Cosci è finalmente in Firenze,
arrivò, si può dire, quando tu partivi, un
giorno dopo. Io gli ho fatto i tuoi saluti
ed egli ora te ne manda altrettanti. Nelle
poche ore che abbiamo passato insieme, abbia-
mo spesso parlato di te e del tuo lavoro. An-
zi non mi ricordo se ti dissi che il Cosci
(così mi scrisse da Piacenza) vide già qualche
appendice della Nazione, ma quando la pub-
blicazione era inoltrata, e però non lesse
nulla; sperando, com'era naturale, che
tu ne avresti fatta una tiratura a parte.
    Mi dispiace di non potere star
con te un po' più a lungo. Scrivimi appena
puoi, da Siena o da dove sei o sarai.
Ricevi i saluti miei; di mia moglie; del
Cosci, del Del Badia, e tienimi sempre
                per il tuo affmo

                A. Gherardi

 
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