Alessandro Gherardi a Mario Pratesi

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                   Firenze, 9 agosto 72

Mio caro Mario

    Forse avrei indugiato ancora
un giorno a scriverti queste due righe
se non avessi trovato nell'Archivio la
lettera che qui ti unisco,
perchè non ho saputo recapitare da
me, non conoscendo nè avendoti mai
sentito rammentare questo Sig. Dante
Marzi. Se questo signore è in Firenze
e tu credi di respingerla di
nuovo a me perchè gliela faccia ave-
re, mandamene l'indirizzo pre-
ciso e lo farò.
    Io tornai a Torsoli sano
e salvo la mattina di domenica, non
però all'ora che avevo fissato, perchè
l'acqua che mi prese dopo forse
un miglio che avevo lasciato voial-
tri amici, mi accompagnò per


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altre otto miglia continue, dove, tro-
vato un po' di ricovero passammo
alla meglio la notte, e la mattina
alle tre, fortunatamente col cielo ras-
serenato ci rimettemmo in cammino.
Ma di là la via da percorrere era
più lunga quattro miglia da quella
che sarebbe stata se la sera innanzi
avessimo potuto far capo, come
si voleva, alla Castellina. E però,
aggiungi la maggior lunghezza della
strada e la maggior fatica per far-
la essendo piovuto tanto, invece
delle 8 o delle 9 arrivai a casa
alle 11. Dalla Castellina non
presi per tornare la strada che
avevo fatta per venire costà, ma
venni quì giù pel Chianti, Pietra-
fitta, Pozano, Lamole. Che
cari luoghi, carissimo mio!


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Torsoli non ci è per nulla. Avevo
passione di far tardi, e c'era il
sole che scottava, la strada piena
di ciottoli, io non potevo cam-
minare perchè le scarpe che aveano
inzuppato tant'acqua mi stra-
ziavano i piedi, eppure quello
che io godei facendo quella strada
non te lo saprei raccontare. Bi-
sognerebbe che qualche volta la
facessi anche tu quella strada.
Ora dunque sono a Firenze,
e tornai ieri. Mi son ri-
messo di già ai miei lavori; ma
non mi è passato di mente nè
mi passerà per un pezzo la tua
così bella e severa e gentilissima
Siena, non scorderò l'acco-
glienza che ebbi da te
e da tutta la tua famiglia, alla
quale, incominciando da tuo


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padre, rinnoverai per me un mi-
lione di ringraziamenti e di auguri
di felicità.
    E tu come stai, dove sei
e che cosa fai? Rispondimi qualche
cosa, ma subito subito; non fare
alle solite.
    Ho cominciato a rileggere il
tuo libro e mi ripiace tanto.
Ne riparleremo quando tornerai.
    Mi dimenticavo di dirti che
dopo esser tornato sano e salvo di costà
il lunedì mattina, andando a Lucolena,
un miglio da casa, sdrucciolai da
un sasso e senza cadere, credei d'essermi
fracassata la gamba sinistra, dico credei, perchè tornato
a casa dovei stenderla sul letto
e non mi fu possibile di muoverla
per tutta la notte e buona parte
del giorno appresso. Il medico che


[in margine, senso verticale]

mandai subito a chiamare mi assicurò subito che non
era niente e che a forza d'acqua fredda sarebbe presto spa-
rita l'infiammazione che s'era presentata. E fortunata-
mente fu così. Due giorni e mezzo dopo, come mercoledì
sera, potei, sebbene con un po' di difficoltà, fare a piedi la strada
che mena a Siena e di là tornare a Firenze. E ora, tranne


[in margine, in alto]

un po' d'uggerlla ogni tanto non sento
altro. Ma a Siena oggi come oggi non potrei
tornare
davvero.
Addio di
nuovo.
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