Mario Pratesi a Jessie Laussot Hillebrand

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                     Firenze. Pellegrino. 20 9bre 70.

   Signora Laussot.

    Scusi, Signora, ma debbo farle
una dichiarazione. Vi sono costretto da
quello che Ella disse ieri sera. Ella inter-
rogando le carte per sapere se un suo
debitore avrebbe sodisfatto al suo debito
verso di Lei, intese alludere a me, non
v'è dubbio, a me lì presente. In fatti
io le debbo da più di due anni cento-
cinquanta lire. In altra mia che
le scrissi le dicevo perchè non potei
adempiere fino ad ora l'obbligo mio,
e le dicevo altresì che quando m'indussi
a domandarle quell'insigne favore io
era in tal condizione da non essere
responsabile di ciò che facevo; altri-
menti non mi sarei azzardato di
ricorrere a una Signora, a una donna.
Mi perdoni se ancora non potei togliermi
quella spina dal cuore. Prima che
finisca l'inverno spero che lo potrò.
Ora mi trovo in miseria; ed Ella lo sa.
    Finirò col dirle che quando
si crede che abbisogni dare ad un ga-


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lantuomo queste sferzata per rammen-
tare a lui il proprio dovere, è segno
che di questo galantuomo non se ne
ha alcuna stima, e non se ne
intende il pudore.
    Mi giova averlo saputo; anche
questo è un disinganno.
                La ringrazio
                          Suo Devotmo ossequiossmo [sic]

                           Mario Pratesi

I detti denari le furono restituiti il primo
         Febbraio 71
All gentile ed egregia Donna
      Signora J. Laussot

 
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