Astorre Pellegrini a Mario Pratesi

1234


        Girgenti, 31 Marzo 69 ore 11 pm

Amico mio e fratello Mario,

    La tua lettera mi ha levato una pro-
fonda spina dal cuore. Se tu sapessi quanto
accoramento mi hanno prodotto le tue disgrazie, quan-
to dolore io provassi nel non ricevere più le tue
nuove! Solo mia madre potrà raccontarti tutto,
quando in queste vacanze verrai a Livorno da
me. Era un anno che io non sapeva nulla
di te: la mattina del 9 Agosto 68 io dalla
Sicilia tornava a rivedere la mia famiglia; appe-
na giunto nel porto della mia terra natale un
nostro conoscente comune mi diede la tre-
menda notizia che tu eri in una casa di salute1.
Puoi figurarti con che cuore io abbracciai i
miei! Tutte le vacanze le ho passate mesto ed
addolorato in compagnia del buon Falcucci (Mar-
zi era a Costantinopoli) e, non avendo il
coraggio di venire a vederti ho scritto due
volte al Prof. Livi. N'ebbi in risposta, lettera


pagina 2



così sconfortante ce io ripartii di nuovo per
la Sicilia piangendo la nostra amicizia come
cosa per sempre perduta. Una sera, saranno due
mesi, io ricevetti da un amico una lettere colla
quale mi comunicava la notizia di un migliora-
mento. Fu allora che ti scrissi quella lettera
ultima, a cui tu rispondi colla grata tua
del 26, che come ti dico mi ha innalzato
da morte a vita. –
    Amico mio: uno dei dolori che profonda-
mente mi affliggevano si era il timore conti-
nuo che io aveva, d'avere indirettamente e
senza saperlo contribuito alla tua disgrazia, sia
col forzarti in addietro a fare studi ingrati
e difficili, sia col venire spesso a cozzo di
opinioni, sia infine col non usare teco quei
riguardi che l'amico deve all'amico. Tutti questi
fatti che, come incubo, mi si affacciavano alla
mente ogni giorno, affliggevano e tormentavano
l'animo mio. – Ora che tu sei uscito da
quel luogo d'inferno ove sei stato cacciato,
non so con quanta ragione, io ti prego


pagina 3


quanto so e posso, col nome della più santa
amicizia, a volermi perdonare se senza voler-
lo io t'ho mai offeso menomamente. Sappi che
io t'ho sempre amato d'affetto più che fraterno
e che il perderti (come io credeva di fatto) era
stata per me una disgrazia di famiglia.
    Ora che tu sei, non dico guarito (perché
m'accorgo che tu non sei mai stato quale
volevano farmiti credere) ma almeno più
tranquillo, ricordati del tuo amico lontano
e scrivigli spesso. Mi parli di versi, ma,
forse per ritardo postale non li ho ricevuti.
Le tue ultime parole suonano disperazione
e sconforto, ma perché? L'uomo finché
vive, non deve mai perdersi d'animo. Se per
ora ti trovi stanco e spossato, un giorno
potrai riprendere gli antichi studi. Anche la
Natura spesse volte pare avvilita, ma nell'ap-
parente sua inerzia, cova le forze d'una
vita novella: e l'uomo non riassume in piccolo
tutta quanta la natura?
    Coraggio e costanza, questa è la mia


pagina 4


parola d'ordine, e spero sarà ancora la tua.
a forza di coraggio e di costanza, in mezzo a
stenti patimenti ed umiliazioni d'ogni sorta
io potei compiere il mio corso Normalistico. Altri
più adulatore, o più degno, o più fortunato
di me ebbe uno splendido collocamento. A me
toccò venire in Sicilia ove da due anni, in
mezzo a gente malnata, soffro la fame e
gli stenti. – Eppure il coraggio non mi manca
e costantemente cammino, cammino, in cerca
d'un avvenire migliore che fugge e si di-
legua illudendomi come la fata Morgana. –
    Tanti lavori abbozzati dormono inutilmente
in cassetta; ogni giorno mi par d'essere
sempre più piccino, eppure la speranza, me-
retrice lusinghiera, mi cinge colle sue brac-
cia e non mai mi abbandona. –
    Amico mio: per altri 4 mesi dovrò stare
in questo luogaccio: in Agosto andrò a riabbrac-
ciare la famiglia, e spero trovarti là sano e
contento, in mezzo ai miei, che sempre mi do-
mandano di te. Scrivimi a lungo. Addio, addio
               Ama il tuo aff.mo

                      Astorre .––

P.S. Non mi far sospirare 2 altri
lunghi mesi una risposta.



[verso]

Plaghe fuggiam sempre



1. L'Ospedale Psichiatrico San Niccolò a Siena.

 
Image of Page 1