Igino Pratesi al figlio Dante Pratesi

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            Al Sige: Dante Pratesi Allievo
            nell'I. e R. Collegio Militare.

                  Mio Caro Figlio!

                              Grosseto 29= Decembre 1854

    L'interesse che per me hai dimostrato nella circostanza
della mia malattia, e la lettera del 15 Decembre cadente con la quale mi ester-
ni tutto il tuo giubbilo per l'ottenuta mia guarigione, mi hanno penetrato e
disposto in modo a tuo favore, che credo, o mio Figlio, non poterti dare migliore con-
trassegno dell'affetto e della benevolenza che io nutro per te, se non col tenerti al-
cune parole sul =Rispetto e sulla Gratitudine che i Giovani debbono avere verso i
loro Maestri ed Educatori
= ora che sei in grado di ben comprendere quanto sono
per dirti sù tale argomento, e di porre in esecuzione i precetti che ne derivano.
Questo è il regalo che io ti fo' per il Capo=d'=Anno del=1855, quindicesimo dell'età
tua, quinto del tuo corso di studi in codesto I. e R. Collegio: che se questa lezione
avrà l'effetto che io mi propongo, non vi sarà avvenimento più consolante per me, e
tu potrai essere appellato veramente = un buon figliolo =.
     Dò principio col porre sotto i tuoi occhi gli esempi di alcuni
Uomini Grandi, che dimostrano come essi ebbero in venerazione i loro Precettori:
     Dante Alighieri nella Divina Commedia fà onorata menzio-
ne di Brunetto Latini suo Maestro, e Scrittore di molta fama ai suoi tempi, e gli
attesta riconoscenza e gratitudine con questi mirabili versi:
             In la mente mi è fitta, e ancor m'accuora
             La cara, buona immagine paterna
             Di Voi nel mondo; quando ad'ora ad'ora
             M'insegnavate come l'uom s'eterna:
             E come l'abbo in grado, mentre io scriva,
             Convien che nella mia lingua si scerna1.

    Da ciò può comprendersi di qual tributo di gratitudine sono
stati riconoscenti ai loro Istruttori gli uomini, che sono in fama per eccellenza
d'ingegno e di virtù. Questi degnissimi versi del maggior Poeta dovrebbero es-
sere consegnati alla memoria dei Giovani, ed averli presenti sempre alla loro


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mente; giacchè per essi si apprende ad essere riconoscenti a chi ne istruisce,
l'istruzione essendo, o figlio mio, il cibo dell'anima.
     Il Botta dicitore leggiadrissimo, nel Libro decimo della sua
Istoria Italiana del 1789 al 1814, descrive con pietà di figlio la morte
del suo Maestro Carlo Tenivelli, elegante narratore ancor'esso d'italiche
memorie, caduto, povero vecchio, perchè sospinto, quasi senza suo volere, in mezzo
alle tempeste cittadine. Ecco come il ben ricordevole discepolo apostrafa a quell'
anima santa del suo Precettore– "Va, o mio Maestro, che conforto emmi della tua
"morte il potere raccontare ai posteri le tue virtù; e se nell'altra vita
"conservano le anime presso il pietoso Iddio memoria, siccome credo, di quanto
"hanno operato nella presente, non ti pentirai, spero, dell'avermi ammae–
"strato; ne io mi pentirò nell'avere collocato nella più intima e ricor-
"devole parte dell'animo mio i tuoi puri e santi erudimenti; imperciochè
"ama il celo [sic], e ricompensa così l'amor dei Maestri, come la gratitudine de'
"discepoli. Tu mi desti più che i parenti miei non mi diedero, poichè non
"la vita del corpo, ma quella dell'anima coi civili insegnamenti mi desti;
"e morendo per atroce caso, mi mostrasti come si possa concludere un'innocente
"vita con una generosa morte. Così vivendo e morendo a me fosti di utili pre-
"cetti, gli uni pur troppo amorevoli, gli altri pur troppo funesti, fonte, ond'io,
"durante questo mortal viaggio, apprendessi nella prospera fortuna a tem-
"prarmi, nell'avversa a confortarmi; e se chi leggerà queste mie istorie,
"potrà giudicare, che non mi sia del tutto indegno di un tanto Maestro,
"tu ne godrai nel celeste tuo seggio, ed io mi crederò non avere indarno im-
"piegato il tempo e le fatiche mie."
     Questi ricordevoli e teneri accenti dovrebbero, o mio figlio, eter-
namente restare scolpiti nell'animo dei Giovani; perchè gratitudine immen-
sa essi debbono a chi gli istruisce; e riconoscenti si debbono mostrare in tutti i
giorni della loro vita a Chi è stato loro benefico; ed uno dei benefizzi maggiori del
Mondo è l'educazione. Infatti, togliete all'uomo un dono così prezioso, ed eccolo
un bruto o stupido, o feroce. La santa missione dell'educare fù commessa da Dio ai Geni-
tori, ed ai Maestri. Cristo non a torto assunse l'onorato nome di Maestro; ed è precetto
del Celo il migliorare il nostro spirito, ed il nostro cuore.


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    I Giovanetti provveder non sanno al loro meglio, nè intravedere il futuro;
ond'è che Iddio hà posto chi vegli a difesa dei giovani cuori, e chi ne svelga il mal seme sin
da principio. La piccola colpa, o figlio mio, mena alla grande, e chi fù discolo in sua
prima età alla casa e alla scuola, capita quindi a mal fine. I Giovani sono
inesperti del cammin della vita; però debbono lasciarsi guidare da chi ne conosce le vie.
I Maestri gli amano, ed essi debbono riamarli, nè debbono ricambiare d'ingratitudine
coloro, che a loro vantaggio tanto si adoprano. Debbono andare persuasi i Giovani, che
anche nei rimproveri, per quanto possano sembrare acerbi, v'hà potenza d'amore;
poichè i Maestri gli desiderano istruiti, amatori della verità, e innamorati dello
studio, e delle opere buone. Essi debbono considerare quante cure penose i Maestri
si prendono per loro; con essi pensano e vivano [sic]; con'essi conversano tutta la gior-
nata per istruirgli ed educargli: debbono comprendere quanto i Maestri si af-
faticano a ricercare di pensiero, a ritrovare novelli metodi onde più sempre
affrettare i loro progressi. Considera adunque o mio figlio, e con te i Giova-
ni considerino, se quello che chiedono i Maestri sia giusto. I Maestri bra-
mano che siangli alleviate le pene dai Giovani, coll'attendere di buona voglia
agli ammaestramenti che gli sono messi innanzi. Il cuore dell'insegnante
esulta nel progresso dei suoi allievi; questa è la migliore sua ricompensa;
poichè non debbono credere i Giovani, che la piccola moneta pagata dai Geni-
tori ai Maestri sia retribuzione condegna; poichè il metallo è troppo vile
a rimeritare le opere dello spirito e del cuore.
     O mio figlio! scolpisci adunque nella tua mente le verità che si
contengono in questa lezione, e ad imitazione degli Uomini sommi sù rammentati,
mostrati riconoscente e grato verso i tuoi Maestri ed Educatori mediante un'at-
tenzione profonda ai loro ammaestramenti, una ceca ed esatta obbedienza ai loro ordi-
ni, ed un continuo indefesso studio, considerando l'immenso ed inestimabile benfi-
zio che ti prodigano compartendoti il cibo dell'anima, l'istruzione. Così facendo
tu darai un'indubitata prova d'onore, di rispetto, e di venerazione verso i tuoi
Precettori, nel tempo stesso che nobiliterai l'animo tuo, accumulerai un tesoro
inestimabile, la scienza, e ti acquisterai l'ammirazione e la stima dei tuoi Superiori.
     Conserva diligentemente questa mia per =ricordo= e spesso


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leggila: Ti raccomando il Timore di Dio principio d'ogni sapienza; e frat-
tanto implorandoti le Benedizioni del Celo, io ti abbraccio, e ti benedico. Addio.
                     Tuo Affmo Padre

                      Igino Pratesi



1. Divina Commedia, Inferno XV, 82-87.

 
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