Igino Pratesi al figlio Dante Pratesi

1234


                                   Lí 23 Marzo 1878

Carissimo Figlio.

    Rovistando fra alcuni fogli, hò ritro-
vata la minuta della Lettera che ti scrissi
il 29 Dicembre 1854 sul soggetto relativo
al debito di gratitudine, e di riconoscenza,
che i Giovani hanno verso i loro Mae-
stri, ed Educatori._____
    Sembrandomi, che alcune volte
tu abbia con me lamentata la perdita
dell'originale della Lettera suddetta; e tu
mi abbia espresso il desiderio d'averne una
copia, questa ti rimetto qui acclusa, in
soddisfazione del tuo desiderio._____
    Sono otto giorni, che non mi è per-
venuto il giornale che m'inviava Mario;
per cui non sapendo la causa di tale
mancanza dubito, che possa essere ma-
lato. Se hai notizie di lui ti prego a darmele.
Come pure quelle di Tito, e le tue._____
    Corinna stà bene, e manda i suoi
saluti. Io egualmente: e frattanto dan-
doti la mia Benedizione, mi confermo.
                Tuo Affmo Padre
                Igino


[sotto, mano di Dante Pratesi: risposto il 25 Marzo]


allegato: pagina 1


[copia della lettera menzionata sopra]


[in margine]

Copia
di Lettera
scritta nel dì
29=Decembre
=1854=
dal Consigliere
Igino Pratesi
al di lui Figlio
Dante
allievo nel Collegio
militare di
Firenze

       Carissimo Figlio:

L'interesse che per me hai dimostrato nella circostan-
za della mia malattia, e la lettera del 15 Decembre ca-
dente con la quale mi esterni tutto il tuo giubbilo per
l'ottenuta mia guarigione, mi hanno penetrato e di-
sposto in modo a tuo favore, che credo, o mio Figlio, non
poterti dare migliore contrassegno dell'affetto e della
benevolenza che io nutro per te, se non col tenerti
alcune parole sul =Rispetto e sulla =Gratitudine=
che i Giovani debbono portare ed avere verso i
loro Maestri, ed Educatori, ora che sei in grado di be-
ne comprendere quanto sono per dirti sù tale ar-
gomento, e di porre in esecuzione i precetti che
ne derivano. Questo è il regalo che io ti fo' per il
Capo d'Anno del1855, quindicesimo dell'età tua,
quinto del tuo corso di studi in codesto I. e R.
Collegio: che se questa lezione avrà l'effetto
che io mi propongo, non vi sarà avvenimento più
consolante per me; e tu potrai essere appel-
lato veramente = un buon Figliuolo .
    Dò principio col porre sotto i tuoi occhi gli esem-
pi di alcuni Uomini grandi, che dimostrano come essi
ebbero in venerazione i loro Precettori.=Dante Ali-
ghieri nella Divina Commedia fà onorata men-
zione di Brunetto Latini suo Maestro, e Scrittore di
molta fama ai suoi tempi; e gli attesta ricono-
scenza, e gratitudine con questi mirabili versi:
=" In la mente mi è fitta, e ancor m'accuora
=" La cara, buona immagine paterna
="Di Voi nel mondo; quando ad'ora ad'ora
="M'insegnavate come l'uom s'eterna:
="E come l'abbo in grado, mentre io scriva,
="Convien che nella mia lingua si scerna1.
    Questi degnissimi versi del maggior Poeta, dovrebbero
essere consegnati alla memoria dei Giovani, ed averli
presenti sempre alla loro mente; giacchè per essi si
apprende ad essere riconoscenti a chi ne istruisce, l'
istruzione essendo, o Figlio mio, il cibo dell'anima.
    Il Botta dicitore leggiadrissimo, nel Libro [mano diversa: un]
decimo della sua Storia d'Italia dal 1789 al 1814,
descrive con pietà di figlio la morte del suo Mae-


allegato: pagina 2



stro Carlo Tenivelli, elegante narratore ancor'esso d'italiche
memorie, caduto, povero vecchio, perchè sospinto, quasi
senza suo volere, in mezzo alle tempeste cittadine. Ecco
come il ben ricordevole discepolo apostrafa a quell'
anima santa del suo precettore– "Va, o mio Maestro,
"che conforto emmi della tua morte il potere raccontare
"ai posteri le tue virtù; e se nell'altra vita conservano
"le anime presso il pietoso Iddio memoria, siccome credo,
"di quanto hanno operato nella presente, non ti pentirai,
"spero, dell'avermi ammaestrato; ne io mi pentirò
"nell'avere collocato nella più intima e ricordevole
"parte dell'animo mio i tuoi puri, e santi erudimenti;
"imperciocchè ama il celo [sic], e ricompensa così l'amor dei
"Maestri, come la gratitudine de' discepoli. Tu me desti
"più che i parenti miei non mi diedero, poichè non
"la vita del corpo, ma quella dell'anima coi civili
"insegnamenti mi desti; e morendo per atroce caso, mi
"mostrasti come si possa concludere un'innocente vita
"con una generosa morte. Così vivendo e morendo a me
"fosti di utili precetti, gli uni pur troppo amorevoli, gli
"altri pur troppo funesti, fonte, ond'io, durante que-
"sto mortal viaggio, apprendessi nella prospera fortu-
"na a temprarmi, nell'avversa a confortarmi; e se chi
"leggerà queste mie istorie potrà giudicare, che non
"mi sia del tutto indegno di un tanto Maestro, tu ne
"godrai nel celeste tuo seggio, ed io mi crederò non ave-
"re indarno impiegato il tempo e le fatiche mie."
    Da ciò può comprendersi di qual tributo di gratitudine
sono stati riconoscenti ai loro Istruttori gli uomini, che
sono in fama per eccellenza d'ingegno, e di virtù; e i ri-
cordevoli e teneri accenti dovrebbero, o mio Figlio, eter-
namente restare scolpiti nell'animo dei Giovani; per-
chè gratitudine immensa essi debbono a chi gli istruisce;
e riconoscenti si debbono mostrare in tutti i giorni della
loro vita a Chi è stato loro benefico; ed uno dei benefizzi
maggiori nel Mondo è l'educazione. Infatti, togliete all'
uomo un dono così prezioso, ed eccolo un bruto o stupido, o feroce.
La santa missione dell'educare fù commessa da Dio ai Geni-
tori, ed ai Maestri. Cristo non a torto assunse l'onorato nome
di Maestro; ed è precetto del Celo il migliorare il nostro
spirito, ed il nostro cuore.


allegato: pagina 3



    I Giovanetti provveder non sanno al loro meglio, nè in-
travedere il futuro; ond'è che Iddio hà posto chi vegli a
difesa dei giovani cuori, e chi ne svelga il mal seme sin da
principio. La piccola colpa, o Figlio mio, mena alla grande;
e chi fù discolo in sua prima età alla casa e alla scuola,
capita quindi a mal fine. I Giovani sono inesperti del
cammin della vita; però debbono lasciarsi guidare da chi
ne conosce le vie. I Maestri gli amano, ed essi debbono ri-
amarli, nè debbono ricambiare d'ingratitudine Coloro, che a
loro vantaggio tanto si adoprano. Debbono andare persuasi i
Giovani, che anche nei rimproveri, nelle punizioni, v'hà
potenza d'amore; poichè i Maestri gli desiderano istrui-
ti, amatori della verità, innamorati dello studio, e delle
opere buone, docili, obbedienti, e rispettosi. Essi debbono consi-
derare quante cure penose i Maestri si prendono per loro;
con'essi pensano e vivono; con essi conversano tutta la gior-
nata per istruirgli, ed educargli: debbono comprendere quan-
to i Maestri si affaticano a ricercare di pensiero, a ritrovare
novelli metodi onde più sempre affrettare i loro progressi.
    Considera adunque, o mio Figlio, e con te i Giovani consi-
derino, se quello che chiedono i Maestri sia giusto. I Mae-
stri bramano che siangli alleviate le pene dai Giovani, coll'
attendere di buona voglia agli ammaestramenti che gli
sono messi innanzi. Il cuore dell'insegnante esulta nel
progresso dei suoi allievi; questa è la migliore sua ricom-
pensa; poichè non debbono credere i Giovani, che la picco-
la moneta pagata dai Genitori ai Maestri sia retri-
buzione condegna; poichè il metallo è troppo vile a
rimeritare le opere dello spirito e del cuore.
    O mio Figlio! scolpisci dunque nella tua mente le verità che
si contengono in questa lezione; e ad imitazione degli Uomini
sommi sù rammentati, mostrati riconoscente e grato verso
i tuoi Maestri, ed Educatori mediante un'attenzione
profonda ai loro ammaestramenti, una ceca ed esatta obbe-
dienza ai loro ordini, ed un continuo indefesso studio, con-
siderando l'immenso ed inestimabile benfizio che ti prodi-
gano compartendoti il cibo dell'anima, l'istruzione.–Così
facendo tu darai un'indubitata prova d'onore, di
rispetto, e di venerazione per i tuoi Precettori, nel tempo
stesso che nobiliterai l'animo tuo, accumulerai un tesoro
inestimabile, la scienza, e ti acquisterai l'ammirazione
e la stima dei tuoi Superiori.
    Conserva diligentemente questa mia per ricordo e spesso
leggila: ti raccomando il timore di Dio principio d'ogni
sapienza; e frattanto implorandoti le benedizioni del
Celo, io ti abbraccio, e ti benedico. Addio.

                      Tuo Affmo Padre
                      Igino Pratesi



1. Divina Commedia, Inferno XV, 82-87.

 
Image of Page 1