Giacomo Rippa a Mario Pratesi

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           B. Aires 10 Novembre 906

Mio dolce maestro,

    Ahi! carissimo
maestro, Lei si lascia portare
dal cuore più là del giusto;
e senza pensare chi è Lei e che
peso ha una Sua lode, mi mette
in pericolo di perdere la testa.
     Per buona sorte so come
sono fatti loro letterati, lo so
dal Leopardi. Avvezzi a non


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trovare niente che vada bene, se
appena, appena scoprono un
principio di buona intenzione,
si esaltano: come ci esaltiamo
noi in questa afa mortale
condita di locuste e di tutte
le piaghe d'Egitto, (salvo le
rane che potrebbero servire a
qualche cosa) se una nuvoletta,
un cirro pare che annunzi in
cielo un cambio qualsiasi.
    Le ho nominato le rane.
Sono la prima novità che col-


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pisce uno che arriva in America.
    Sono grosse tre volte tanto le
nostre: ma non istà in ciò la
particolarità; il singolare è nel
canto, squillante, metallico. Non
ho visto notato[sic] questo carattere delle
rane di qui in nessuna opera.
    Ho poi saputo che nel Brasile
sono anche più musiche! Veda in
che razza è andata a perdersi la
divina arte dei suoni! Ed è la
sola vera musica indigena, perchè,
vede, gli Indi non cantano: e anche
i nostri contadini Toscani, Lombardi,


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le nostre campagnuole davanti
alla uniformità squallida della
Pampa perdono la voce.
    L'Argentina è senza
canto: sono un mito per noi
le vie e le fucine canore:
delle musiche europee non ci ha
seguito che una forma, il
fischio!
    Che povero paese è questo!
senza nessuna idealità che im-
preziosisca le cose! come lontano da
quello che è un sogno per ogni
Italiano! È una vita che ha per-
duto fin l'ultimo sentore d'affetto.


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Il gran preambolo del
l'amore si salta: si
corteggia un po' e costosa-
mente. Del resto niente di quelle
illusioni che interessano costì nelle
cose umane tutta la natura.
I veri dei sono l'oro, e il piacere:
ma il piacere non abbellito dalla
fantasia, non circonfuso dalle
illusioni del sentimento, ben
poco piacevole! In questo più
che in altro si sente qui la
infinita superiorità delle nostre
vecchie razze, l'effetto di una
lunga civiltà! Costì si riesce


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a dar pregio a tutto, anche
alle minime cose: qui tutto
si svalorizza.
    Lei comprenderà che sono
in un momento un po' triste.
Sì: non lo nego, e precisamente
in questo momento desidererei
aver Lei vicino! Ma delle mie
piccole cose non mette conto
che Lei si occupi.
    Le invio una copia
d'un mio discorso. Era un amico
provato il povero Peppino, un
pezzo dell'anima mia! Ma non


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sempre quello che si sente si
riesce a far passare nella
parola.
    Intanto Lei mi crede
sempre e tutto, tutto
                              Suo

                       Giacomo Rippa


Deliziosa la Sua novella!
De' Suoi libri mi manca
"Eredità" che non ho potuto
trovare. Ne ha Lei un
esemplare? Scusi e mi voglia bene.

 
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