Mario Pratesi a Luisa Bruschetti  Santandrea

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                                   Fir. 6. ag. "21.

Mia Divina Amica,

      Sì, le scriverò ancora. Mi
parve scorgere fra le righe della sua cartolina,
con la quale mi dispensava dallo scriverle, che
qualche cosa l'avesse offesa nella mia ultima
lettera; per cui io dicevo pieno d'angoscia: forse
s'è stancata e non mi scriverà più. Ma stamani
con i suoi saluti, è ricomparso il raggio di sole.
Per carità, non me lo lasci mancare! L'essere io
continuamente esposto al vento gelido della morte
con un corpo vivissimo alle sofferenze più atroci, mi
ha ridotto alla completa disintegrazione corporale e spirituale. La morfina, in dosi
sempre crescenti mi contrappone al mondo reale questo
orrendo [sic] delle sue false visioni. E secondo che
mi dice il mio crudele dottore, una tale malattia
cronica che non ha risoluzione in se stessa, ma l'at-
tende da un'altra malattia acuta che sopraggiunga;
può durare anche altri cinque o sei anni, cioè sino
alla perdita di tutto: della mente, della coscienza, de-
gli amici e dello scarso peculio: dunque imbecillità.
miseria e follia! Quale orrore!
      Non mi abbandoni. Bacio Lei e Firenze

                              M. Pratesi

 
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