dal Taccuino 2009.19 5-5

Piero Barbèra da Mario Pratesi

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A Piero Barbèra                16 novembre 1918

     Ho letto, con molto interesse, i tuoi due discorsi al
“Congresso del Libro”1: discorsi ov’è tanta competenza e benchè in argomento grave, diletto per la piacevolezza e l’urbana faci
lità della tua parola. Ammiro la pazienza e la diligenza con
cui hai radunato gli scritti, dei quali, con un diluvio di spropositi e
d’entusiasmi, abbondò, ogni rivoluzione, ma più la nostra ultima che le in- corpora e le supera tutte. Questo Elia Thesbite che ti mando è voce
anch’essa del tempo, e puoi metterla con le altre se non ti par
troppo fioca. Quanto al Libro Italiano scarso all’estero, raro
nelle vetrine, occorre vedere se questo, in molti casi, non sia anche dovuto al gusto vol-
gare e superficiale dei più, ai quali naturalmente (poiché anch’essi de-
vono vivere) badano gli editori, non te, né altri pochi magnanimi
i quali, se meglio favoriti, darebbero ben altro impulso all’operosità
letteraria. Quanto a me, se m’è lecito dirlo per quel pochino che potei scrivere,
non credo di avere io solo tutta la colpa. Se l’"In provincia, l’Ere-
dità
, il Mondo di Dolcetta
, (romanzo italianissimo di caratteri,
lingua, stile e ricordi, il solo che rappresenti la Toscana del 59), se
i Ricordi Veneziani, e Paesi e Figure d’Italia, e il grosso volume
di novelle edito dal Sandron2, e i romanzi miei, pubblicati dal
Treves3 e dal Baldini4, ebbero sì poca fortuna, furon taciuti, e
anche de-
nigrati, sì che rimasero giacenti, come tu pure
sai, nelle catacombe degli editori, di cui ho perduto la stima,
tanto che invano m’adoprerei a ricercarne uno
per la roba (ne ho quasi per tre volumi) pubblicata in questi ul-
timi anni dall’Antologia. E io rimango a pensare che cosa volete
in fine, che cosa dev’essere in fine questo libro italiano perche ab-
bia un’umana retribuzione dagli editori e si estenda all’estero
ed all’interno. Tu accenni al De Amicis: autore



di grandi meriti, fra i quali quello principalissimo d’avere abbracciato il mondo
coi molti suoi libri; ma non potrebbe questo pure indicare quale sia oggi il gusto
predominante? del Cuore se ne fecero, io credo, due o tremila edizioni; ma io
dubito dell’effetto educativo d’un libro di tanta sentimentalità esagerata e fuori
del vero. Vivi sano, e credimi come sempre il

               Tuo vecchio amico
                    M. Pratesi.

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1. Organizzato da Angelo Fortunato Formiggini, si tenne a Milano nel 1917 (2-5 aprile). Da quest’iniziativa nacque il periodico L’Italia che scrive il cui primo numero conteneva anche un contributo di Piero Barbèra, “Editori ed artieri del libro: la Ditta G Barbera”, 1 (1918). Come scrive Pratesi nella lettera, il tema del congresso fu appunto “il presupposto che in Italia si legge poco e che il pubblico italiano non legge”. Vedi: Indaco, Raffaella Anna “L’Italia che scrive” di F. Formiggini: Storia di chi scrive e di chi legge (1918-1938) Diacritica 26, 25 aprile 2019.
2. La dama del minuetto.
3. Perfidie del caso.
4. Ricordi veneziani e Peccato del dottore.

 
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